In manette!

"Tratto dal sito www.australiatwin.it"

Quando sono partito per questo viaggio sapevo di dover esser predisposto ad accettare qualsiasi tipo di esperienza, negativa o positiva. E sapevo anche di dover esser pronto a prendere contromisure per risolvere ogni possibile imprevisto. Sinora, non so quantificare quante meravigliose sensazioni la strada mi ha offerto: in ogni luogo, ad ogni ora e, soprattutto, attraverso decine di persone mai conosciute prima. Si vede che le cose andavano troppo bene: a tutti, prima o poi, arriva il conto da pagare.

Non ho potuto attraversare il Pakistan perché mi sono soffermato troppo in Turchia: il visto in mio possesso è scaduto e, una volta in Iran, non ho avuto modo di rinnovarlo (sarei dovuto tornare a Roma all'ambasciata pakistana!); ho dovuto, così, cercare uno spedizioniere e l'ho trovato a Bandar Abbass, nel sud dell'Iran. Detto fatto, una barca di soldi per risolvere la situazione e la necessità di dover tornare, di volata, a Tehran. Il motivo? A Bandar Abbass il signore che mi ospita lavora per un ente governativo (in un impianto di proprietà del Governo) e tale Compagnia fornisce a lui e famiglia anche la casa e molte altre agevolazioni, in un villaggio appositamente realizzato.

Si tratta di un vero e proprio paese costruito per i dipendenti: con tanto di parchi, ristorante, medico, piscina, cinema, autostazione e un manipolo di guardie per la sicurezza interna; per entrare mi è stato rilasciato un permesso speciale. Ed ecco cosa succede: il Capo della Sicurezza inizia a fare domande circa la mia presenza in loco ed al perché. Il suo cruccio riguarda la sicurezza della Compagnia e dell’impianto: secondo lui potrei essere una spia! Quando lo scopriamo, io ed il mio ospite scoppiamo a ridere! “La Centrale è stata costruita dagli Italiani, ti pare che se mai volessero avere delle informazioni non le hanno già?!” E poi ci sono i satelliti spia… va be’, la prendo con filosofia, ma tornado dalla città (sbrigate le ultime formalità con l’agenzia dello spedizioniere) vengo prelevato dall’autobus e accompagnato in un ufficio dove un (finto) simpatico agente mi inizia a fare domande circa la mia presenza in loco.

Il suo inglese è stentato e la sua assistente è peggio di lui (anche esteticamente). Mi chiedono più volte che rapporto ho con il mio ospite, appuntano i Paesi che ho attraversato in moto e fotocopiano tutti i documenti in mio possesso: passaporto, Carnet de Passage, libretto moto, patenti internazionali, assicurazione moto e perfino la ricevuta della revisione! Che idioti! A questo punto impongono un ultimatum: devo lasciare il villaggio entro la mattina del giorno seguente. A questo punto devo prendere una decisione importante: non posso stare a perdere giorni a Bandar Abbass in attesa di trovare un volo decente, prendo un autobus verso Tehran e da lì troverò un aereo per Mumbai.

Mi aspettano diciotto ore di pullman per tornare nella capitale. Una volta tornato trovo un volo e compro immediatamente il biglietto: la mattina del 15 novembre sono all'aeroporto, sorridente come non mai e pronto a tuffarmi nelle meraviglie dell'India. Ma c'è un “Ma”. Al controllo passaporti mi fermano e mi dicono che il mio visto è per trenta giorni, io mi sono trattenuto trentasei. Colpa mia: mi sono lasciato confondere dalla validità del visto (sino al 1/12) senza notare i trenta giorni concessi per il soggiorno.

Le guardie sono inflessibili e, nonostante la lieve mancanza, non ne vogliono sapere di lasciarmi andare: o pago 200 $ di multa o devo tornare a Tehran all'ufficio immigrazione. Con gli ultimi soldi ho pagato il volo, il mio bancomat qui non funziona (in Iran funzoinano solo carte di credito e conti bancari locali) e non posso ritirare denaro (cosa che avrei fatto al mio arrivo in India). Faccio capire che non posso pagare la penale e, dopo ore di estenuante ed angosciante attesa (in cui mi appiglio ad un barlume di speranza) vengo fermato. Perdo il volo, mi viene sequestrato il passaporto, vengo perquisito (io e bagagli) e condotto in manette (!) sino all'ufficio immigrazione di Tehran. Mi fanno capire che non mi mettono in galera solo perché sono un bravo ragazzo: una volta tanto la mia faccia di bronzo serve a qualcosa.

Tutti mi guardano torvi e (manco fossi un criminale) mi interrogano nuovamente: tuttavia non parlano inglese e devo ricorrere all'aiuto dell'Ambasciata Italiana ed un loro interprete. Grazie anche al Consolato Italiano riesco ad avere un prestito di 250 € che, all'inizio, sembrano non bastare a pagare multa e nuovo biglietto. Sempre grazie all'Ambasciata riesco a fare una nuova prenotazione pagando solo una lieve differenza (meno male, i soldi adesso bastano!); ma all'ufficio immigrazione si divertono a fare storie: vogliono sapere dove sono stato in questi trentasei giorni, chi mi ha ospitato e richiedono un'altra autorizzazione che mi farà perdere altro tempo. Ho il nuovo volo per il 22/11. Al momento in cui scrivo (19/11) sono ancora senza passaporto. dovrò tornare in Ambasciata e ripresentarmi all'ufficio immigrazione con la speranza che mi lascino (finalmente) ripartire.

Sono giorni angoscianti e, prima di ricevere aiuto da parte dei miei connazionali, ho passato ore intere, lunghe come giorni, interrogandomi su cosa mi avrebbe aspettato. Per adesso sono ancora incerto sul mio futuro, spero solo di rientrare in possesso del mio passaporto quanto prima e di spiccare il volo verso la mia nuova (agognata) destinazione. Confido di poter dare buone notizie entro breve: mi auguro di poter sorridere su quanto accaduto nelle prossime pagine del mio Diario sul sito www.australiatwin.it . Mi auguro anche di poter conservare un ricordo positivo dell'Iran: nonostante tutto è abitato da gente meravigliosa. Spero vivamente che gli ufficiali di polizia non mi smentiscano proprio ora...